Due ruote, un motore, un po’ di benzina. C’è la sportiva, l’enduro, la granturismo, l’Harley, la naked.
Se vuoi comprare o vendere la moto, devi sapere che c’è il motore a quattro cilindri, il monocilindrico, il bicilindrico; parallelo, in linea o a V e le puoi trovare anche su noicompriamomoto.it.
Motori a due tempi o a quattro tempi. Raffreddati a liquido o ad aria. Con trasmissione a catena o a cardano.
C’è l’abbigliamento. Tecnico, in pelle; invernale, estivo. Ci sono i caschi: aperti, chiusi, larghi o stretti. E dentro ai caschi ci sono teste, personalità, stile, curve, pensieri.
C’è la storia.
La più antica casa automobilistica italiana è la Benelli, produce motociclette dal 1911 e a sorpresa ancora nel 2021 è stata la prima in classifica con la moto più venduta in Italia, la Benelli TRK 502.
Fino alla seconda guerra mondiale, la produzione di motociclette è stata una prerogativa del nostro Paese, insieme a Inghilterra e Germania. La moto ha radici europee, ma l’eccellenza è rimasta italiana con marchi come Ducati, MV Augusta, Bimota, Aprilia, Gilera.
La mia è una Moto Guzzi V7 con borse morbide stracolme sopra i terminali di scarico cromati, il bicilindrico a V che scalda le gambe quando di notte fa freddo e una vite da qualche parte nel telaio sul punto di saltare alla prima buca.
Quando nacque la fabbrica di motociclette a Mandello del Lario, sulle sponde del lago di Lecco, i fondatori Carlo Guzzi e Giorgio Parodi scelsero come loro simbolo un’aquila ad ali spiegate, in memoria del compagno d’armi Giovanni Ravelli, morto nel 1919 durante un volo di prova nel Servizio Aereo della Regia Marina, dove i tre si erano conosciuti e avevano sviluppato l’idea di dedicarsi, a guerra finita, alla costruzione di motociclette di concezione e design così innovativo, che sarebbero poi state utilizzate dall’Esercito Italiano, dalla Polizia, dai Corazzieri di scorta al Presidente della Repubblica.
E infine sarebbero state esportate e amate nel mondo, tanto da diventare anche la moto dei CHiPs, i poliziotti di Los Angeles.
L’ho scelta per tutte queste cose: perché è commemorazione di un’amicizia e realizzazione di un sogno, perché è un capolavoro di tecnica e meccanica, per la sua bellezza, l’attitudine, il modo di affrontare il percorso.
A ognuno la sua strada, a ciascuno la sua moto.
Non importa quale sia la scelta.
Insegna a non avere paura, la moto. Educa alla disciplina, attiva l’autocontrollo, apre gli occhi all’imprevisto: uno sbaglio costa caro, e l’asfalto fa male. Quando si va in moto, si va in moto. Niente distrazioni, cellulari o comodità. Niente stereo o bivaccamento sul sedile. Solo tu, la musica del motore e la lotta contro il vento. Con un po’ di fortuna, un passeggero dietro che si gode il panorama.
Dopo chilometri di sella, vibrazioni e dolori al sedere, parcheggerai per sgranchirti le ginocchia e un anziano signore ti si avvicinerà intonando in lingua slava una cantilena malinconica. Ti racconterà l’entusiasmo di un viaggio che avrebbe voluto intraprendere lui, giovane e innamorato, su strade sconosciute di un’altra epoca. Non capirai una parola ma intenderai la sostanza.
Perché la voglia di libertà ha voce universale.
Due ruote. Un motore. Un po’ di benzina. Si chiama motocicletta, e ti porta ovunque.