Intervista a Gaia Trussardi: il primo album è un progetto di integrazione

È uscito Gogaia, ep di esordio di Gaia Trussardi. Un progetto interessante con il fine di promuovere l’integrazione, attraverso il linguaggio universale della musica.

Si intitola Gogaia il primo progetto artistico di Gaia Trussardi, che racconta una storia di integrazione in modalità pop.

Dopo la stesura dei pezzi, l’affascinante designer ha formato un trio affiancata da due artisti africani, Ezy Williams e Haruna Kuyateh, che partecipano e si integrano alla perfezione con i gusti di Gaia, grazie al loro personalissimo stile.

Cinque ballate raffinate e pop, i cui ingredienti sono classicità, tradizione e beat contemporaneo, mentre i testi trattano temi esistenziali con un linguaggio metaforico e astratto, e un messaggio finale di speranza e positività.

Tutti i diritti editoriali dei brani andranno ai due musicisti.

Gaia, donna di carattere, simpatica e intraprendente, ha sempre diviso la propria carriera tra moda e musica, portando avanti una grande passione per la multiculturalità. E si conferma oggi sempre più impegnata nel sociale mentre spiega e presenta alla stampa il suo progetto discografico, durante uno show case allo studio Massive arts di Milano.

E dopo l’emozione della performance, ci regala una bella chiacchierata mettendosi a nudo, pur confessando di non amare troppo parlare di sé e della sua vita al di fuori dei progetti artistici.

Ma noi, con discrezione e stile…

“Sono sempre stata sensibile agli argomenti importanti, quali ecologia, sostenibilità, povertà e immigrazione, temi che, da quando ero studentessa (è laureata in Antropologia e Sociologia a Londra; ndr), mi interessavano molto, ma che avevo messo in stand by, durante i lavori a Milano, nella moda”.

Come mai oggi la decisione di intraprendere questo progetto?

“Grazie all’incontro con un mio ex compagno di università, che a sua volta, stufo della carriera bancaria, mi ha proposto di realizzare con lui un’incubatore di start up a tema immigrazione, che potesse aiutare potenziali imprenditori dotati di maestranze dal punto di vista  burocratico, finanziario e di integrazione. Abbiamo iniziato a cercare persone che potessero avere i requisiti per portare avanti l’idea, siamo andati in Croce Rossa e abbiamo iniziato un rapporto con una serie di immigrati di un centro di accoglienza di Bresso, alle porte di Milano. Abbiamo fatto incontri, seminari, sono nate tantissime idee. Per via del lockdown, per i motivi tristemente noti, ci siamo dovuti fermare, ma un primo interessante progetto lo abbiamo portato a termine. Si tratta di un brand costituito da una capsule di capi di origine iconografica africana di gusto internazionale (alcuni li indossano durante il nostro incontro; ndr). La musica è diventata la colonna sonora di questo progetto”.

Abbinamento perfetto, direi, e con un nobilissimo scopo.

“Da anni scrivo canzoni e la musica è sempre stata il mio sogno. Ho parecchie canzoni nel cassetto, ma sono arrivata a 41 anni senza aver ancora realizzato questo mio desiderio e vorrei esaudirlo, perché gli anni passano in fretta. Una precisazione però: lo voglio fare all’interno di un grande disegno, perché fare la pop star non mi interessa”.

Come è nato Gogaia?

“Io, Ezy e Haruna ci siamo incontrati per caso ma mi è venuto naturale coinvolgerli. Abbiamo fatto le prove e tutto ha funzionato alla perfezione. Ognuno di noi ha scritto le proprie parti, Haruna ha improvvisato su melodie appena abbozzate mentre Eazy, in pieno periodo di emergenza Covid, ci ha inviato le voci. Siamo rimasti in contatto costante, e appena è stato possibile, ci siamo visti e abbiamo registrato”.

Avevi già delle ballate inedite?

“Parecchie, ma di tutte quelle inedite ho recuperato e registrato solo Love love, le altre tracce sono relativamente recenti. Scrivo con grande facilità, un paio sono nate nell’ultima settimana”.

Let it go apre l’ep e racconta di un passato che è meglio lasciare alle spalle. Riguarda un’esperienza personale?

“Chiunque si può riconoscere. Non dobbiamo sentirci imprigionati nei pensieri che affollano la nostra testa o non riusciremo mai a concludere nulla. Ti ricordi come stavi bene prima, ma a un tratto arriva ‘Mr pain…’ Invece è fondamentale lasciare andare quindi “let it go”… Come una sorta di mantra”.

Altre passioni, oltre la musica (e ovviamente la moda)?

“Sono multitasking e pur impegnandomi non riesco a rallentare. Anche mio marito (l’attore Andrea Giannini, figlio di Giancarlo; ndr) a volte si spaventa, speriamo non scappi (ride; ndr). Mi sveglio prestissimo alla mattina, quindi essendo mamma la prima cosa che faccio è preparare per tutti la colazione. Quindi porto mio figlio più piccolo a scuola e poi corro per tutta la giornata, occupandomi dei miei progetti imprenditoriali e di questo mio lato artistico che ancora non conoscevate. Era inevitabile finisse così: ho vissuto con un padre che era una bomba di idee”.

Per rilassarti?

“Leggo molto, saggi in città e romanzi in vacanza”.

Musica?

“Sono nata nel ‘79 e ho avuto la fortuna di avere due fratelli più grandi, quindi per tutta l’adolescenza ho divorato anni ’80. Crescendo sono passata agli anni ‘70 e ai Led Zeppelin: era il periodo in cui mi innamoravo dei chitarristi rock! Infine ho amato il grunge, ma anche Alanis Morrissette e U2. Vivendo a Londra sono stata ai concerti di tutti”.

Appena sarà possibile Gogaia verrà presentato anche dal vivo? 

“Non ho ancora fatto una pianificazione strategica, ma ovviamente mi piacerebbe molto, cominciando con mini eventi, suonando in club e piccoli spazi, meglio ancora ospitando reading, visto che le collaborazioni culturali sono proprio alla base del progetto. Sono emozionata, speriamo solo si possa ritornare presto a una normalità, per ricominciare ad abbracciarsi e vivere”.

Instagram: @trussardigaia – Facebook: Gogaiamusic

Articolo di Sonja Annibaldi

Foto di apertura e chiusura di Julian Hargreaves