Le valli di Tures e Aurina (BZ), tra le più autentiche dell’Alto Adige, sono circondate da quasi ottanta cime che superano i 3000 metri.
Chi le ha frequentate in passato o più recentemente, le porta nel cuore per la loro incredibile bellezza naturale, per il silenzio lungo i sentieri nei boschi e i verdissimi pascoli, le ardite montagne, le meravigliose cascate e i fiori.
Tantissimi fiori, una distesa di fiori naturali e coltivati, di cui si arricchiscono case, chiese, pensioni, hotel, uffici e giardini pubblici. I meravigliosi orti-giardini sono tappetini di rigogliose lattughe rosse o verdi, di piante di fagiolini e zucchine, patate, cipolle e carote, lamponi e fragole, erbe aromatiche di tutte le specie, talvolta coltivate entro cassoni creati appositamente e arricchiti ovunque con piante ornamentali dai colori incantevoli: Speronelle, Phacelia, Solanum licinatum, genziane, stelle alpine, erba di S. Antonio, Phlox Maculata e molte altre, fino a qualche piccolo stagno con ninfee.
Anche le aiuole pubbliche sono fiorite e le stesse rotonde stradali; non c’è carta o sacchetto di plastica abbandonato, né mozziconi di sigaretta.
La Valle Aurina inizia a Campo Tures, dominata al suo ingresso dal possente Castel Tures, e si snoda fino a Casere, nel Comune di Predoi.
Come si apprende dai pannelli che illustrano alcune vetrine del Centro Visite Parco Naturale di Casere, qui l’inverno un tempo durava otto mesi, con una media di 4°C, e se iniziava in anticipo, a settembre non era più possibile estrarre le patate dal suolo gelato; allora non esistevano posti di lavoro nel turismo e nell’industria.
Il primo taglio dell’erba era importante, i covoni caratterizzavano il paesaggio. L’erba così raccolta seccava facilmente al sole e anche a queste altitudini diventava un ottimo foraggio da immagazzinare per le bestie.
Anche allora, i contadini erano autosufficienti; gli unici alimenti che mancavano erano il sale e la polenta. Nei mesi estivi, nei piccoli orti vicini alle case, cresceva un po’ di verdura per il proprio fabbisogno.
Per quattrocento anni, in Valle Aurina l’attività principale è stata l’estrazione mineraria.
Il rame era una preziosa risorsa a Rio Rosso di Predoi: si cominciò a estrarlo e fonderlo già a partire dal 1400; veniva per lo più utilizzato per la produzione di fili e ottone. Nel periodo in cui la sede amministrativa era situata a Cadipietra, il rame di Predoi era considerato il migliore d’Europa e per questo fu esportato anche all’estero.
Fino a quando non cominciò ad arrivare dall’America, dove lo si estraeva più facilmente. L’economia valligiana ne fu profondamente colpita e diverse famiglie persero il lavoro.
Cominciò allora la ricerca di nuove fonti di reddito.
Per salvare dalla povertà le famiglie degli ex minatori, le si indirizzò verso l’attività del tombolo. Lo scopo della scuola di tombolo di Predoi fu formare giovani lavoratrici che poi avrebbero trasmesso questo sapere a casa, alle donne più anziane. Le insegnati della scuola si occuparono anche della vendita diretta dei pizzi. Nel 1908 fu istituito un corso statale di lavorazione del tombolo.
I due conflitti mondiali ostacolarono la vendita dei merletti; ma dopo la guerra la produzione riprese e nel 1994 fu fondata l’Associazione del Tombolo Predoi.
Nelle Valli Tures e Aurina si trovano numerose piste ciclabili, sentieri e percorsi per raggiungere malghe e masi, tutto ben segnalato e diffusamente divulgato, tramite opuscoli cartacei disponibili negli hotel, negli uffici turistici locali, nei bar, nella stazione centrale dei bus.
Chiaramente in rete si trovano tutte le informazioni che si possono desiderare, e il wifi è velocissimo, anche a 1600 m (come a Casere).
I collegamenti via autobus sono puntuali, sicuri e, per i turisti che pagano la tassa giornaliera di soggiorno, gratuiti. L’unico neo è che il sabato alle 14 il servizio di City Bus che collega le diverse frazioni a Campo Tures si interrompe e riprende solo il lunedì.
Molte le chiese, gotiche e neo-gotiche, piccole e grandi, in pianura o su arditi speroni, quasi tutte mantenute aperte, visitabili dalla mattina alla sera. All’interno, meravigliose grandi sculture lignee, qualche dipinto e alti banchi, che offrono la possibilità di meditare per ore in silenzio.
I crocefissi in legno sono presenti a molti crocicchi e ai lati delle strade, in mezzo a distese di mais e di campi d’erba, che alimentano a fieno le migliaia di piccole stalle private che producono latte per il consumo quotidiano e per la produzione di meravigliosi formaggi e yogurt.
Queste stalle antiche, insieme a quelle in legno più chiaro di recente costruzione, sono adiacenti a case tradizionali o moderne, senza che l’odore del letame infastidisca i villeggianti, se non quando lo si utilizza per fertilizzare i campi.
Le acque del Rio Aurino, a tratti irruente, sono state già quarant’anni fa contenute con un particolare sistema di rafforzamento degli argini, onde evitare inondazioni, in passato fortemente distruttive.
Qui quasi tutti i tetti sono dotati di pannelli fotovoltaici; privati cittadini si sono uniti per produrre in proprio energia e rivenderla. L’impressione è che tutto venga prodotto in modo scrupoloso e rispettoso dell’ambiente, valorizzandolo, proteggendolo ed evolvendo sempre.
In Alto Adige, come altrove, la terra porta traccia di lavori millenari durissimi, di sacrifici e di una non troppo lontana miseria, di cui i figli di famiglie contadine conservano lucidissima memoria, anche quando, oggi, guidano Mercedes e macchine agricole all’avanguardia, gestiscono pensioni, hotel, negozi, masi o malghe.
I bambini hanno i capelli color frumento, le guanciotte come mele e gli occhi azzurri; le loro giovani mamme parlano due lingue, il tedesco e l’italiano, e crescendo aggiungeranno al loro patrimonio culturale l’inglese, il francese o altre lingue straniere.
Angela Tromellini
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