Gertsch – Gaugin – Munch – Cut in Wood

Dal 12 maggio al 22 settembre, il MASI di Lugano celebra Franz Gertsch, una delle menti più influenti nel panorama artistico contemporaneo in Svizzera. Una mostra singolare che offre una sorprendente chiave di lettura e un ardito confronto con due maestri dell’arte moderna, Paul Gauguin e Edvard Munch.

Franz Gertsch è un artista svizzero, fra i più riconosciuti artisti contemporanei, noto soprattutto per i suoi ritratti iperrealistici. In realtà il suo lavoro ha spaziato da un’iniziale fascinazione per la pittura romantica, alla sperimentazione in chiave Pop Art con la tecnica del collage, fino ad approdare a un’analisi approfondita della sua stessa arte, tramite l’approccio personalissimo alla tecnica della xilografia con cui, a partire dal 1985, ha letteralmente “smontato” alcune delle sue opere pittoriche realiste e le ha ricomposte alla ricerca di significati nascosti, quasi a voler spiegare, prima a se stesso che agli altri, certe ispirazioni, influenze e riferimenti artistici che sono stati determinanti per la sua vita e per la sua opera. Nasce così una serie di opere monumentali per dimensione, le celebri xilografie, per lo più ritratti e paesaggi naturali, che sono oggetto dell’interessante personale che il Museo d’arte della Svizzera italiana gli dedica per celebrare i suoi novant’anni.

Il direttore del MASI, Tobia Bezzola, ha messo in piedi un progetto costruito con Gertsch in persona in veste di co-curatore, che ha proposto una curiosa lettura comparativa delle sue realizzazioni con quelle di due nomi illustrissimi dell’arte, nonché maestri dell’incisione fra Ottocento e Novecento: Paul Gauguin e Edvard Munch. Il risultato è in questa mostra che evidenzia confronti e parallelismi sorprendenti, offre la possibilità di comprendere la tecnica della xilografia e spunti interessanti per una lettura dell’opera d’arte a più livelli di senso.

Con un concept espositivo asciutto ed essenziale, dalle linee direttrici che descrivono una I, dove nell’asse longitudinale trionfa Gertsch, monumentale e imponente con nove delle sue opere, e nei setti trasversali sfilano oltre settanta xilografie di Gauguin e Munch, l’impressione che si ha alla fine del percorso è di tre mostre in una. Il genio dell’artista è tutto in questo segnare una chiave di lettura e contemporaneamente offrire molti spunti per ricercarne altre e personalissime.

Gertsch e la xilografia: richiami da Oriente

Di origini cinesi, la xilografia è una tecnica di costruzione dell’immagine per sottrazione di parti. Si utilizza una tavoletta di legno (matrice) da cui si asportano le porzioni “non disegnate”. Inchiostrata la matrice, si procede alla realizzazione dell’immagine per impressione. La tecnica, che ebbe grande diffusione con l’invenzione della carta e quindi della stampa, fu molto in voga già nel Rinascimento, nel Cinquecento con Dürer, tornando in auge verso la fine dell’Ottocento. Una considerazione a parte merita la tecnica xilografica giapponese, che affascina anche Gertsch e si caratterizza per l’utilizzo di legni naturali, colori ad acqua e carta fatta a mano. La stessa che utilizza Gertsch per i suoi lavori e che fa appositamente confezionare da un cartaio di Kyoto.

E quanto Oriente ci sia nelle xilografie di Gertsch è il primo sentimento che i grandi pannelli esposti al MASI suscitano nell’osservatore. Quanto deve l’autore alle pitture atmosferiche dell’ukiyo-e? Quanto ancora alla fascinazione nipponica per l’afflato poetico e melanconico derivante dalla contemplazione immersiva del paesaggio che fu di Hiroshige, Hokusai? Avrà pensato Gerstch, contemplando il panorama dalla vetta del Monte Lema (suo personalissimo Fujiyama!) verso la fine degli anni ’70, decidendo di accostarsi all’arte di tipo realista, a tutto ciò?  Viene difficile non pensarlo oggi mentre osserviamo il paesaggio di Rüschegg, o il trittico Schwarzwasser. Viene difficile non considerare che in queste xilografie c’è certamente tanta tecnica che travalica il confine fra arte e grafica, quella grafica che dall’arte nipponica è così inscindibile.

 

Questione di tecnica

La tecnica è la chiave di lettura. Il bandolo dell’intricata matassa che l’artista tenta di dipanare per ricreare le sue opere pittoriche, immergervisi dentro e andare all’origine del segno grafico da cui sono scaturite. E, come in ogni viaggio introspettivo, si abbandona al male dell’anima che accompagna la consapevolezza e la volontà di arrivare al senso unico delle cose. Quello che fa Franz Gertsch è di rielaborare la tecnica xilografica con un procedimento innovativo che mentre riproduce l’opera, crea nuovi significati approdando a una nuova comprensione della stessa. In questo sta il paragone, che lentamente prende forma percorrendo la mostra, fra Paul Gauguin ed Edvard Munch. Entrambi gli artisti arrivano alla xilografia come tecnica altra, dopo aver già prodotto i capolavori che li hanno resi celebri. Entrambi respirano inevitabilmente il nuovo revival delle xilografie e  della grafica giapponese che prende piede verso fine Ottocento soprattutto a Parigi. Entrambi dunque rielaborano tecniche personalissime.

Gauguin incide i suoi legni con ogni strumento a disposizione, e continuamente aggiunge dettagli alle sue matrici, stratificazione di significati, e poi procede con la stampa. Crea e ricrea i suoi paesaggi esotici, i tramonti di Tahiti, le sue donne indigene, e le leggende locali. Crea per lo più illustrazioni, la celebre serie Noa Noa, xilografie che illustrano il romanzo omonimo autobiografico che l’artista dedica al mito di Tahiti. E usa il supporto materico, il legno, sfruttandone le caratteristiche fisiche, grezze, rustiche per esaltare quell’estetica “primitiva” che tanto lo affascina, e che si ritrova nei paesaggi esotici e nelle sue iconiche donne aborigene.

 

Munch utilizza la xilografia per immaginare dentro i suoi quadri nuove possibilità espressive e nuove sfumature cromatiche. E per farlo scompone le matrici in tanti pezzi e poi li inchiostra con colori differenti, quindi li ricompone e procede con la stampa. Le ragazze sul ponte sono come in attesa che il tempo cambi, e sullo sfondo quasi una pioggia giapponese, che altro non è se non la trama del legno che imprime una nuova atmosfericità alla scena così riprodotta.

 

L’essenziale è invisibile agli occhi

La tecnica di Gerstch, forse più vicina nelle intenzioni a Evard Munch, è tutt’altra cosa ancora. L’artista lavora su grandi tavole, per la qual cosa necessita di procedimenti di stampa del tutto particolari e molto complicati da eseguire. Sulle matrici riproduce l’immagine originale (da una diapositiva) con la matita, percorrendo i tratti essenziali della composizione, quindi procede all’incisione. L’immagine si crea per modulazione di zone luminose e zone in ombra, con una tecnica sorprendente che non può ignorare il pointillisme di fine Ottocento: una trama fittissima di punti crea l’immagine con chiaroscuri sorprendenti. Le dimensioni monumentali di queste riproduzioni sottendono chiaramente una tempistica esecutiva di un anno circa di lavoro e, soprattutto, implicano una grande capacità di dominare lo spazio prospettico della rappresentazione. L’artista inchiostra la matrice di blu, prime di procedere all’incisione, per poter avere sempre la percezione dell’immagine che si crea lentamente. Dalle matrici realizza esemplari di tonalità diverse quasi monocrome che rendono l’opera finale sfumata, seducente, da contemplare in estatica ammirazione, come nel caso dei ritratti di donna, o da ammirare, immergendovisi totalmente, come nel caso dei suoi paesaggi.

Per i tre artisti messi qui a confronto, il ricorso alla tecnica implica un pensare all’opera d’arte nella sua totalità, immagine, tecnica, supporto, resa finale, significato. Lo stesso Gertsch si fa produrre la carta e produce egli stesso i suoi inchiostri, in una sorta di Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale) di wagneriana memoria. Per Gertsch poi anche un riferimento alle monumentali xilografie del Rinascimento non può non essere richiamato. Sarà per quei volumi, sul Dürer e sul Da Vinci, che il Nostro scova da bambino nella biblioteca del padre, sarà per la sua passione per l’osservazione attenta dell’ambiente naturale, se fra gli alberi sfumati, nell’angolo in alto a sinistra del suo Rüschegg, ci pare e ci piace intravedere persino l’ombra di Leonardo.

Marzia Petracca

 

Didascalie                    

1.     Franz Gertsch, Natascha IV, 1988 – Xilografia (tre matrici: disegno, contrasto e sfondo) – tre colori – Collezione privata

2.     Franz Gertsch, Schwarzwasser, 1992 – Xilografia (tre matrici affiancate) – esemplare grigio-blu – Collezione privata

3.     Paul Gauguin, Terra incantevole, 1893 – 1894 – Xilografia a colori dalla suite NOA NOA – Collezione privata

4.     Edvard Munch, Ragazze sul ponte, 1918 – Xilografia e litografia – Collezione privata

5.     Franz Gertsch, Schwarzwasser, 1992 – dettaglio

6.    Franz Gertsch, Rüschegg, 1989 – Xilografia (una matrice) – Esemplare blu scuro – Collezione privata