Autoritratto Severini

Da Matisse a Bacon – Il volto del Novecento in mostra a Milano

Sono ottanta i capolavori ospitati nelle sale del Palazzo Reale di Milano per la rassegna Da Matisse a Bacon – Il volto del Novecento.

Sono ottanta i capolavori ospitati nelle sale del Palazzo Reale di Milano per la rassegna Da Matisse a Bacon – Il volto del Novecento.

Il Musée national d’art moderne del Centre Pompidou di Parigi onora la capitale meneghina con una rassegna di dipinti e sculture che racconta il tema del ritratto attraverso il Novecento. In mostra dal 25 settembre al 9 febbraio 2014.
Tema classico per eccellenza, il ritratto è argomento assai frequentato dagli artisti di tutti i tempi, anche dagli avanguardisti del secolo scorso, con un approccio mutuato dai nuovi fermenti che attraversano tutto il 900: la psicoanalisi, il formalismo, il surrealismo, il decostruttivismo.

In un crescendo che prende spunto dalla sacralità del volto, in quanto rappresentazione del reale, per approfondire, attraverso il tratto esteriore, l’inconscio del soggetto ritratto prima e l’io dell’artista in un secondo momento.

Volti come specchi di anime mutevoli, che si lasciano immortalare, scomporre, trasfigurare, rapire per sempre alla staticità dell’attimo della rappresentazione, per evocare mondi altri e misteriosi e profondissimi.
Alcune di queste opere sono parte dell’immaginario collettivo, famose ancor prima dei loro autori, animate di una vita propria che travalica la semplice catalogazione cronologica.

E infatti la mostra è articolata per argomenti precisi e lineari. Matisse, Marquet, Derain, Chabaud, Modigliani, Bacon, Bonnard, Severini, Dalaunay, Magritte, Kupka, De Lempicka e molti ancora si alternano secondo un percorso che Jean-Michel Bouhours, conservatore del Centre Pompidou e curatore della mostra ha voluto così suddividere: ritratto come mistero dell’anima; gli autoritratti; il volto e il formalismo; il volto e il surrealismo; caos e disordine; dopo la fotografia.

Il Ritratto come mistero dell’anima riunisce opere intrise di psicanalisi ed elementi di fisiognomica, ritratti come esasperazione del mondo interiore.

Un esempio per tutti La camicetta rossa di Pierre Bonnard, del 1925, una fra le opere più ammirate al Musèe national d’art moderne. Una donna con la camicetta rossa e il volto svogliato e triste lascia trasparire un senso di oppressione e chiusura al mondo.

Ombre scure avvolgono tutto e l’unica fonte di luce, la camicetta rossa, non basta a dissipare la greve malinconia del tardo pomeriggio, quando ormai tutto è concluso, finito, passato, mentre inevitabile cala la sera.
Autoritratti è la sezione dedicata all’artista e all’analisi che fa di se stesso. Lui, novello narciso si specchia nello stagno della propria coscienza e si ritrae così come ne emerge, con tutte le sue ansie interiori che agitano l’anima e il corpo. Volto scomposto, rappresentazione di certo dinamismo mutuato dal Futurismo, piani sovrapposti e simultaneità di punti di vista, ecco l’autoritratto di Gino Severini, 1960, copia di un originale andato perduto del 1912.

Raccoglie le opere scultoree di questa rassegna, la sezione Il volto e il formalismo. La morfologia dei tratti somatici qui cede il posto all’ideale perfetto che l’artista vuole manifestare. Il tratto si semplifica, allontanandosi dall’involucro esterno per esaltare un ideale supremo.

Molto cubismo e echi di primitivismo nell’opera del rumeno Constantin Brancusi. La sua Musa addormentata, 1910, è una testa di bronzo priva del corpo, scolpita con pochi tratti salienti. Una forma pura che racchiude un’anima profonda.
Il vero volto dell’anima ritraggono anche i surrealisti. Il volto e il surrealismo offre esempi mirabili di tanto elevatissimo esercizio. Il volto è qui legato al desiderio e alle fantasie che da esso derivano. Risultato di un lavoro onirico che trasferisce una realtà su un’altra trasformandola. Il gioco riesce perfettamente ne Lo stupro di René Magritte, pietra miliare della ritrattistica novecentesca e, non a caso, manifesto di questa mostra.
La linea diventa libera e quasi svincolata dal volere dell’artista, sorta di scrittura automatica. Segni in libertà, quasi scarabocchi, tratti disordinati e caotici, nella sezione Caos e Disordine dove autori come Bacon, Giacometti, Dubuffet con i loro “aggrovigliamenti” dissolvono la realtà.
Ma la libertà è confinata negli angusti confini della fotografia che da lì a poco piega alle sue regole la ritrattistica. La tirannia dell’istantanea si impossessa della pittura, e dopo la fotografia ci offre esempi di una specie di arte di confine. Ritratti rubati al fluire del tempo. Anne di spalle di Avigdor Arikha del 1973, è il ritratto di una donna seduta che dà le spalle all’osservatore. L’artista ruba di nascosto questa immagine, veloce e fulmineo come lo scatto di una macchina fotografica. Tanto che fatichiamo a immaginare lunghi tempi di posa per la modella di questo quadro. L’evoluzione della rappresentazione del volto sembra approdare alla negazione dello stesso. Un tentativo di annullamento che però stride con la frenesia dell’epoca che continua a vedere nel ritratto un mezzo di perpetuazione del sé.

E che anche quando cede all’innovazione della fotografia, ritrae comunque il suo soggetto anche se al contrario.
 

Marzia Petracca