Quando arrivo nello studio della Fox, Marilyn si fa trovare seduta in poltrona, con le gambe accavallate distese elegantemente di lato e il petto in fuori come se stesse trattenendo il respiro da molto tempo. Marilyn dimostra meno dei suoi trentasei anni e tre divorzi. Appena attraverso la soglia, mi illumina di uno dei suoi sorrisi radiosi.
Le ciocche bionde sono ravvivate da una tintura recente, alcuni ciuffi di capelli cadono spettinati sulla fronte, come casualmente.
Buongiorno, signora Monroe.
Oh, la prego, mi chiami Marilyn, mi fa sentire vecchia… (primo broncio)
Mi sono chiesto se possa ancora interessare a qualcuno questa intervista, dopo tutti gli articoli che sono stati scritti, i libri, le foto pubblicate, poster, agende, album, figurine, segnalibri, fermacapelli, ciondoli, bigiotteria, film… Ma il mio editore mi ha detto vai avanti, Marilyn fa sempre notizia. L’icona bionda intramontabile mi guarda con aria interrogativa. Sono intimidito.
Dimentico la scaletta e la mia prima domanda è banale, mi viene solo:
Come va?
Bene, grazie.
Sorride incoraggiante. Mi faccio forza e proseguo.
Partiamo dalle origini. Lei ha avuto un’infanzia difficile, è passata dall’orfanotrofio a diverse famiglie adottive.
Che noia! Ancora queste domande sulla mia infanzia! La mia infanzia mi ha portato a queste, le vede? – mostra delle pillole in boccetta, presumibilmente degli antidepressivi – quindi non ne voglio parlare. Quando voglio rivangare la mia infanzia, vado dal mio psicanalista. Può capitare che se ne debba anche parlare in pubblico, ma sa, sono scelte fatte dal manager insieme alla casa cinematografica e agli uffici stampa, per rivalutare la mia immagine se necessario. Per esempio, quando è saltato fuori il mio calendario del 1949, quello in cui ho posato nuda su un lenzuolo rosso, hanno voluto raccontare la storia (vera) della mia infanzia difficile per farmi perdonare dal pubblico. E’ stato necessario. Ma lo sa che quella piccola peste di Tommy Rettig, il ragazzino che avevano scelto per La magnifica preda, non voleva recitare con me per via di quello stupido calendario? Gli hanno dovuto far presente che era una grande fortuna per lui recitare con Marilyn, visto che come tutti i bambini prodigio avrebbe perso il talento entro i 14 anni! In effetti sono certa che lo perderà, non reciterà più e finirà in prigione. Oh, scusi, mi sono dilungata… – di nuovo si ricorda di dover essere sensuale e mi sorride.
Oh, no, non c’è problema! Parli pure tutto il tempo che vuole, io l’ascolto.
Passi alla prossima domanda.
Autoritaria. Sono confuso.
Marilyn, lei ha avuto tre mariti, nessuno di loro bello e nessun attore. Possiamo sperare noi uomini “normali”?
E perché mai avrei dovuto avere un marito bello? Nella coppia è sempre la donna la più bella. In un uomo guardo l’intelligenza e il carattere. Non mi interessano gli attori, meno ancora se sono belli, perché allora sono troppo vanitosi, non mi danno le attenzioni che mi merito. Che ogni donna merita. Un uomo deve occuparsi della sua donna e proteggerla, anche se non voglio essere trattata come una bambina.
Erano così gli uomini che ha sposato? Quale dei tre l’ha resa più felice?
Sia Jim (Dougherty, il marinaio che sposò quando aveva sedici anni, n.d.r.), che Joe (Di Maggio, il divo del baseball, che fu suo amico per tutta la vita, n.d.r.) che Arthur (Miller, il famoso drammaturgo, n.d.r.) sono stati buoni con me, mi hanno amata sinceramente. Ma tutti e tre volevano una donna normale, completa nel suo ruolo di moglie, una “da tenere a posto”! Io non sono mica una normale, lei che ne dice? – mi chiede ammiccante. E cosa vuoi dirle? Arrossisco, questa è la mia risposta. Ovvio che non sei normale, Marilyn.
Sì, certo. Vorrei chiederle come ci si sente ad incarnare il “sogno americano”.
Sono felice di essere considerata “un sogno”. E per di più un sogno democratico, di successo, fama e felicità. In America si può diventare qualcuno anche quando si parte dal basso, se hai abbastanza stoffa e decisione.
Insomma, di nuovo “il carattere”.
Certo. La stampa di me ha scritto di tutto: che sono fragile, che non ho talento. Invece, non arrivi ad essere Marilyn se non hai molte qualità, non solo la bellezza.
Non lo metto in dubbio. A proposito di bellezza, è vero che ha fatto… ehm… qualche ritocchino?
No, no e poi no! Le malelingue si inventano di tutto! Per quanto riguarda i denti, ho messo solo l’apparecchio. C’è qualcosa di male? Il naso a patata mi è andato a posto crescendo, non ho fatto nessun intervento chirurgico, deve credermi. Il mento è a martello ancora oggi, se ci fa caso. E l’anca dondola quando cammino, ma questa è la mia camminata “alla Marilyn”, se all’improvviso smettessi di ancheggiare penserebbero che mi sono arruolata nell’esercito!
E la balbuzie?
Non è un difetto fisico.
E cosa mi dice dei suoi splendidi capelli?
Sono sempre stati biondi. Solo leggermente più scuri. Giuro su mio padre!
Sappiamo tutti che Marilyn non ha mai conosciuto suo padre. A sentir lei, suo padre si chiamava Mortenson oppure Baker e qualche volta aveva persino la faccia in bianco e nero di Clark Gable, che lei mostrava orgogliosa su una fotografia che teneva nel cassetto dell’orfanotrofio.
Le donne la amano?
Oh sì, certamente. Sono simpatica alle donne. Ma agli uomini di più!
Sa cucinare?
Sì, soprattutto la cucina etnica. Quando ero sposata con Jim gli preparavo sempre dei buoni pranzetti, e mi vestivo adeguatamente, da araba, cinese…
Qual è il vestito più bello che ha mai indossato?
Due gocce di Chanel.
Un uomo che le piace ma che non ha mai avuto modo di conoscere?
John Kennedy.
Rimango sbigottito, ma questa è Marilyn. Bellissima, affascinante, bugiarda.
Marilyn, in questo periodo è impegnata nelle riprese di Something’s got to give, con Dean Martin e Cyd Charisse. Come sta andando?
Oh, bene, benissimo. Mi sono fatta una bella nuotata in piscina, mentre quella strega di Liz Taylor soffoca nel deserto per girare Cleopatra! Non mi sembra adatta per il ruolo, la vera diva sono io, non trova?
Annuisco. Certo che trovo.
Un’ultima domanda: come si vede da qui a dieci anni?
Sorride. Risponde sognante:
Un po’ più vecchia, ma felice. Con un marito che durerà di più di quanto siano durati i miei precedenti, e sarò madre. Almeno spero.
Mi fa l’occhiolino e a me, non so perché, prende una stretta al cuore.
Questa intervista impossibile è un tributo alla grandissima Marilyn, per ricordare la sua storia e la sua vita, stroncata in circostanze ancora non chiare a soli 36 anni, il 5 agosto 1962. Nel 2012 si celebra mezzo secolo dalla sua morte.
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